Gestire, promuovere e valorizzare i patrimoni fotografici ticinesi. Progetti e idee

Gestire, promuovere e valorizzare i patrimoni fotografici ticinesi. Progetti e idee

La fotografia a Sud delle Alpi è una realtà composita che si intreccia con diversi fenomeni storici e sociali. Di riflesso la fotografia non è riconducibile unicamente a un archivio fotografico, ma anche al corollario di informazioni e documenti che ne descrivono i dettagli tecnici, i contenuti, la forma, l’intento e le modalità di fruizione. La fotografia è un ottimo esempio di meta-archivio, un concetto presente in diverse iniziative promosse dal SVPC. Il tema di fondo del nostro intervento riguarda tre aspetti diversi e complementari che riguardano direttamente i patrimoni fotografici ticinesi: la loro gestione, promozione e valorizzazione. In particolare, presentiamo il progetto di piattaforma catalografica, il progetto sàmara – il patrimonio culturale del Cantone Ticino, e infine il progetto di Museo Virtuale, cercando di evidenziare l’impatto e l’utilità di questi progetti nell’ottica della fotografia in archivio.

Gestire, promuovere e valorizzare

In qualunque ambito del sapere si voglia avviare un’indagine, è opportuno accertarsi che lo spazio concettuale nel quale ci si muove sia condiviso da tutti gli interlocutori. Nell’ambito che va dalla gestione alla valorizzazione del patrimonio fotografico d’archivio, oggetto di questa tavola rotonda, vi sono alcuni concetti che è bene rendere espliciti per non incorrere in fraintendimenti.

Il titolo che abbiamo scelto per il nostro contributo richiama tre concetti di uso corrente quando si tratta di patrimoni culturali e mondo digitale. Prendendo come punto di partenza il patrimonio originario – nel nostro caso i fondi fotografici conservati negli archivi – il primo concetto che possiamo applicare è quello di gestione. Gestire un patrimonio fotografico significa renderlo disponibile allo studio, ad esempio degli storici della fotografia o degli storici tout court, attraverso un lavoro catalografico. Poiché nella maggior parte dei casi non si conosce a priori l’uso dettagliato che si farà del patrimonio che si intende gestire, oppure lo si conosce ma non ci si vuole precludere la possibilità di altri usi successivi,[1] è bene applicare alla gestione del patrimonio gli standard catalografici in uso nel settore. La scelta dello strumento informatico gestionale adeguato deve scaturire dal confronto tra le esigenze di gestione e l’offerta degli strumenti sul mercato.

Un secondo concetto applicato diffusamente quando si tratta di patrimoni culturali è quello di valorizzazione. Valorizzare significa conferire o accrescere il valore. In ambito culturale il valore è determinato dal significato che assume un oggetto in un contesto. Tale posizione è definita da vari fattori, che vanno studiati in modo approfondito e documentato. È appunto la ricerca svolta sul patrimonio a specificare il valore del suo oggetto di studio. Sintetizzando, potremmo dire che valorizzare un patrimonio fotografico significa studiarlo. In genere l’esito dello studio viene reso pubblico tramite, appunto, una pubblicazione analogica o digitale – oltre all’ebook, esistono altre forme di valorizzazione digitale, si pensi ad esempio alle mostre virtuali. Il concetto di valorizzazione è strettamente legato a quello di qualità e valore aggiunto.

Il terzo concetto applicato ai patrimoni culturali è quello di promozione. Tale concetto si colloca a cavallo tra i due precedenti, di gestione e valorizzazione. Promuovere in ambito culturale è inteso come far progredire, fare avanzare dando un impulso nella direzione auspicata. Con l’affermarsi delle tecnologie dell’informazione, la promozione non può essere dissociata dal fatto di rendersi reperibili facilmente. Per farsi trovare, principalmente con lo scopo di rendere accessibile a diverse categorie di pubblico il patrimonio da studiare, è necessario essere presenti nei punti nevralgici della rete, attinenti il tipo di patrimonio. Si pensi ad esempio ai portali tematici o altri strumenti analoghi come i meta-cataloghi.

Una promozione efficace in rete richiede di focalizzarsi sulle strategie dell’utente finale, che solo in pochi casi conosce a priori l’ente che rende disponibile un fondo patrimoniale. Rendere disponibile il proprio patrimonio su portali dedicati aumenta la reperibilità degli oggetti ma anche la visibilità degli enti che li mettono a disposizione. Dove la valorizzazione è legata alla qualità, la promozione è legata alla quantità: più punti di accesso – in rete – conducono al patrimonio che custodisco, più lo promuovo e più sarà possibile trovare ricercatori interessati e competenti per la sua valorizzazione.

È dunque chiaro che promuovere e valorizzare sono due attività fortemente interconnesse. Ma senza una corretta gestione non si può né promuovere né valorizzare efficacemente.

Come Sistema per la valorizzazione del patrimonio culturale,[2] per svolgere in modo adeguato il compito affidatoci non possiamo prescindere dall’occuparci di promozione e gestione dei patrimoni. La gestione dei patrimoni all’interno dell’Amministrazione cantonale è disomogenea. Vi sono settori strutturati attorno a standard catalografici e strumenti gestionali condivisi, come quello bibliotecario, e altri più eterogenei come quello dei musei e degli archivi. Come primo passo verso la promozione intesa nel senso descritto sopra, abbiamo dato avvio al progetto sàmara - Il patrimonio culturale del Cantone Ticino.[3]

Durante la prima tappa del progetto abbiamo reso interrogabili da un unico punto di accesso le banche dati delle settanta biblioteche cantonali e scolastiche affiliate al Sistema bibliotecario ticinese.[4] Dalla seconda tappa in poi, aggiungiamo ulteriori banche dati provenienti da altri settori culturali, così che l’utente finale abbia la possibilità di trovare il maggior numero possibile di informazioni sull’argomento di suo interesse interrogando una sola volta il portale sàmara, invece che svolgendo numerose ricerche su altrettanti siti dispersi. Questo passo è possibile grazie alla normalizzazione dei dati, che riveste un ruolo di fondamentale importanza per la messa in rete delle informazioni. Il server, su cui si appoggia sàmara, che si occupa della raccolta e dell’arricchimento dei dati adotta l’Open Archives Initiative - Protocol for Metadata Harvesting,[5] un sistema d’interoperabilità sempre più diffuso nel settore GLAM.[6]

Sàmara per ora si muove sul piano della promozione, ma in futuro darà spazio anche alla valorizzazione, aprendo le sue pagine a pubblicazioni tematiche, facilitando l’accesso alla biblioteca digitale,[7] elaborando mostre virtuali e, perché no, fornendo le basi per realizzare un museo del territorio virtuale.

Come accennato in precedenza, non tutti i settori sono già pronti per passare dal livello gestionale a quello di una promozione maggiormente efficace. In particolare, la gestione delle immagini è un punto sensibile all’interno dell’Amministrazione cantonale. Per questa ragione il SVPC ha avviato uno studio[8] che condurrà all’adozione di uno strumento per la gestione delle immagini condiviso da tutti gli operatori interni all’Amministrazione cantonale. In questo caso, lo strumento permetterà di gestire, promuovere e valorizzare i materiali fotografici in modo coerente e cooperativo, garantendo nello stesso tempo lo sviluppo di una struttura affidabile sul lungo termine (backup, conservazione dei documenti digitali,…).

Il contesto

Per sviluppare, monitorare e gestire al meglio progetti come sàmara è di fondamentale importanza chiarire il contesto nel quale si collocano. Non si tratta di elaborare una documentazione di rilievo, ma semplicemente di schematizzare e monitorare le dinamiche che possono interagire positivamente o negativamente con la diffusione dei patrimoni culturali digitali su Internet.

Il contesto globale è fondamentalmente caratterizzato da una forte crescita dei flussi: in passato il sistema informativo presentava una struttura lineare, con una diffusione che dagli autori arrivava agli utenti passando da una mediazione istituzionalizzata: scuole, musei, biblioteche e archivi. Con l’avvento di Internet gli attori coinvolti nella produzione, nella diffusione e nel consumo di flussi informativi si sono considerevolmente moltiplicati. Oggi gli attori istituzionali sono in competizione con mediatori agguerriti che vantano strumenti interattivi performanti. L’utente è confrontato a un’offerta più ricca e variegata, ma che presenta un livello di complessità sempre maggiore per tutti i livelli d’utilizzo.

Questa dinamica determina un impatto importante anche sulla fotografia. Ad esempio, è diventato estremamente semplice trovare immagini di qualsiasi soggetto. Ma non è sempre facile capire quale sia la fonte originaria di questi materiali, e soprattutto se si tratti di fonti affidabili. Inoltre, la banalizzazione delle immagini, in particolare di quelle nate digitali, rende ancor più difficile e importante una corretta trattazione degli archivi fotografici e dei loro metadati.

La filiera culturale ticinese

Se focalizziamo la nostra attenzione sul contesto ticinese, è importante notare la ricchezza del paesaggio culturale cantonale: secondo i dati dell’Osservatorio culturale del Cantone Ticino,[9] sul territorio sono attivi 127 musei, 183 biblioteche e 32 archivi. Gli istituti sono indipendenti e solo in alcuni casi hanno sviluppato approcci cooperativi per adempiere efficacemente le loro missioni. Tutto ciò ha un impatto sulla gestione degli archivi fotografici e sulla loro fruizione: gli utenti sono infatti confrontati a strumenti di non facile accesso, nel migliore dei casi a una serie eterogenea di cataloghi interrogabili via web.

In generale, possiamo dire che i fondi fotografici più importanti presenti sul territorio cantonale sono ben conservati e valorizzati. I fondi minori, dispersi in sedi che non necessariamente dispongono delle risorse o delle sensibilità necessarie per valorizzarli, non godono dello stesso trattamento. Ancora più problematica è la situazione di numerosi materiali minori e archivi di famiglia, spesso divenuti anonimi e che sono finiti o finiranno presto al macero.

Da un punto di vista gestionale i fondi sono curati con un numero elevato di banche-dati, realizzate spesso in modo artigianale, che coprono solo una parte minoritaria del patrimonio iconografico. La presenza di diverse soluzioni informatiche, basate su sistemi e metodi di catalogazione poco coordinati, complica il lavoro di chi è chiamato a fornire il supporto informatico agli istituti e rende difficili nello stesso tempo “quei tagli trasversali, comparativi, che sono uno dei prerequisiti essenziali di una ricerca seria sul piano storiografico”.[10]

Lo studio, citato sopra, avviato dal SVPC con il Gruppo di lavoro per la piattaforma catalografica (GLPC) ha proprio lo scopo d’incoraggiare, all’interno della filiera culturale cantonale, l’adozione di strumenti, metodi e standard condivisi per facilitare la raccolta, la gestione, lo scambio, la diffusione e la valorizzazione dei dati. In particolare, per la gestione delle immagini il Gruppo è orientato all’acquisizione di un DAM [11] che potrebbe condurre, tra le altre cose, alla creazione di una fototeca cantonale, con una maschera d’inserimento standardizzata e maschere per corrispondere alle esigenze specifiche degli istituti.

Primo bilancio delle esperienze

Il pubblico ha accolto positivamente le iniziative promosse dal SVPC, percepite come una forma di apertura della filiera culturale. All’interno dell’Amministrazione cantonale s’incontrano invece maggiori difficoltà, com’è naturale attendersi, dato che vengono messe in discussione strutture amministrative, metodi e strumenti storicamente consolidati. Va comunque segnalato che oltre agli aspetti amministrativi, culturali e scientifici, si è spesso confrontati con sensibilità diverse. È importante in questo senso elaborare processi di concertazione e di confronto costruttivo che sappiano mediare tra le rispettive urgenze.

Sia il portale sàmara che iI progetto di piattaforma catalografica rispondono a esigenze sempre più complesse, che richiedono un ampio spettro di competenze specifiche, con costi ricorrenti e di sviluppo per assicurarne l’utilizzo e prevenirne l’obsolescenza. Queste dinamiche rendono sempre più opportuna l’attivazione di metodi di lavoro condivisi, in modo da non incidere sulle attività ordinarie promosse dagli istituti aderenti.

Le prime esperienze hanno fornito, infine, indicazioni utili anche sui punti d’attenzione da considerare nella pianificazione, nell’implementazione e nello sviluppo di progetti in quest’ambito particolare. Innanzitutto va considerato come l’accesso alle informazioni, sempre più facile e rapido, sia regolato da meccanismi sempre più complessi e di difficile controllo. Questo può determinate un impatto importante sulla ricerca e sulla selezione di fonti informative, interagendo significativamente con il prodotto finale. Alcuni punti d’attenzione sono particolarmente importanti nel settore fotografico, come ad esempio gli aspetti giuridici connessi alla consultazione, al prestito e alla pubblicazione dei materiali, allo scarso controllo sul loro utilizzo una volta pubblicati o alla questione della diffusione di materiali liberi da diritti.[12]

Vogliamo terminare questa rapida carrellata segnalando un punto tuttora irrisolto che riguarda l’interconnessione delle informazioni alla gnoseoteca mondiale.[13] Si rivela infatti difficile cercare e trovare le numerose produzioni fotografiche effimere che hanno contraddistinto gli albori della fotografia ticinese: fotografi di passaggio, ambulanti e turisti hanno prodotto un corpus eterogeneo e distribuito nelle fototeche ai quattro angoli del globo. Così come si rivela difficile scovare materiali fotografici che ritraggono eventi, personaggi o luoghi esteri custoditi dalle fototeche cantonali. La soluzione che sta prendendo sempre più forma è l’interconnessione dei cataloghi e la creazione di meta-archivi tematici, come Worldcat,[14] o generali, come Primo Central.[15]

Conclusioni

Il ricercatore è fortemente condizionato dallo stato di conservazione, dall’organizzazione e dalla catalogazione degli archivi. I problemi tecnici, organici, catalografici che caratterizzano questo supporto documentario pregiudicano fortemente l’apporto scientifico e l’utilizzazione critica di questi materiali.

L’SVPC ha il vantaggio di non lavorare sui contenuti, ma su strumenti, canali e metodi. In quest’ottica non ha importanza se una foto è del 1880 o del 1980, se d’autore o d’archivi di famiglia, se “bella” o “brutta”. E’ importante che si garantisca la corretta gestione e conservazione del supporto e dei relativi metadati, di tutti i metadati. Lo stesso principio vale per tutti i patrimoni materiali e immateriali, mobili e immobili gestiti dalla filiera culturale.




[1] Panerai Marco, in Fototeche e archivi fotografici prospettive di sviluppo e indagine delle raccolte. Quaderni della rivista AFT. Prato: Comune di Prato, 1996.

[2] SVPC: Sistema per la valorizzazione del patrimonio culturale, istituito dal Consiglio di Stato con la risoluzione n. 5092 del 12 novembre 2014. Il servizio ha assunto il ruolo di referente all’interno dell’Amministrazione Cantonale per la valorizzazione e la diffusione del patrimonio culturale custodito dagli istituti attivi sul territorio ticinese. L’ufficio promuove la messa in rete transdisciplinare di biblioteche, archivi, musei e altri centri di documentazione con lo scopo principale di facilitare l’accesso all’informazione agli utenti finali.

[3] Sàmara: è il nome del portale culturale dedicato alla condivisione digitale delle banche dati di patrimoni ticinesi, http://samara.ti.ch.

[4] Sbt: Sistema bibliotecario ticinese, www.sbt.ti.ch.

[5] www.openarchives.org, consultato il 7 ottobre 2015.

[6] Acronimo di Galleries, Libraries, Archives, and Museums. Uno dei progetti più importanti a livello internazionale realizzato in questo settore è Open GLAM, www.openglam.ch.

[7] Biblioteca digitale delle edizioni dello Stato e delle borse di ricerca: progetto promosso dalla Divisione della cultura e degli studi universitari (DECS/DCSU) volto primariamente alla digitalizzazione delle Edizioni dello Stato del Cantone Ticino e delle Borse di ricerca gestite dalla DCSU. Si tratta della prima esperienza di biblioteca digitale sviluppata in Canton Ticino.

[8] GLPC: Gruppo di lavoro per la piattaforma catalografica, costituito con la risoluzione dipartimentale n. 126 dell’8 giugno 2015 con lo scopo di “affrontare settorialmente le esigenze relative alla gestione della documentazione dei beni culturali mobili e delle immagini, per arrivare a promuovere strumenti, standard e metodologie condivisi, coordinati e interdisciplinari, in collaborazione con il Centro sistemi informativi”.

[9] www.ti.ch/osservatorioculturale, consultato il 14 settembre 2015.

[10] Tomassini Luigi, Ricerca storica e documenti fotografici, in Fototeche e archivi fotografici prospettive di sviluppo e indagine delle raccolte. Quaderni della rivista AFT. Prato: Comune di Prato, 1996.

[11] DAM: Digital Asset Management, strumento per la gestione delle risorse digitali.

[12] www.opendata.ch, consultato il 7 ottobre 2015.

[13] Bertacchini Pier Augusto. Il museo nell’era digitale. Catanzaro: Abramo, 1997.

[14] www.worldcat.org, consultato il 7 ottobre 2015.

[15] www.exlibrisgroup.com, consultato il 7 ottobre 2015.

18.09.2015, Bellinzona: Intervento alla tavola rotonda intitolata La fotografia in archivio: Gestione, valorizzazione, letture, organizzata dall'Archivio di Stato del Cantone Ticino.